perfezionismo e mania di controllo: il lato oscuro del fitness
Perché si parla di lato oscuro del fitness?
Da sempre esiste un lato oscuro del fitness di cui nessuno parla perché ormai lo si è interiorizzato o perché non lo si vuole affrontare.
No, non si tratta del solito Doping ma di una problematica ancora più grave perché, in molti casi, rappresenta la ragione per la quale molti atleti o semplici frequentatori di palestra arrivano fino al Doping stesso…
Sto parlando del perfezionismo e mania di controllo caratteristica che, più o meno, contraddistingue tutti i malati di palestra o chi decide di avvicinarsi a questo mondo seguendo le orme di esempi sbagliati. Il perfezionista è una persona che si è fissata degli standard di comportamento, aspettative e traguardi spesso utopistici o comunque molto alti.
È una persona che non celebra quasi mai i propri successi, rifiuta il fallimento e non si accontenta dei risultati ottenuti durante il percorso ma è sempre alla ricerca di quel qualcosa in più, per migliorare se stesso e la propria vita.

Ambizione sana vs perfezionismo estremo nello sport
Attenzione, non sto affermando che essere ambiziosi è necessariamente un aspetto negativo, ma quando si cerca ripetutamente di raggiungere solo la perfezione e non si riesce nemmeno ad apprezzare i traguardi intermedi, allora questo tipo di perfezionismo estremo diventa una vera e propria trappola – un rincorrere continuo qualcosa di irraggiungibile. Questo nella vita così come nello sport di ogni genere.
Il perfezionista ragiona solo per estremi, il cosiddetto black o white thinking, o bianco o nero, senza sfumature intermedie. O grossi o morti, no pain no gain, e questo è il vero lato oscuro del fitness.
Il perfezionista quasi sempre adotta una serie di regole ed abitudini per limitare la propria libertà d’espressione e d’azione, per non lasciare nulla al caso.
In tutti i perfezionisti c’è sempre questa profonda urgenza interiore di programmare, di fare ordine, di prevedere l’imprevedibile, di non farsi trovare impreparati controllando qualsiasi aspetto della propria vita, una vera e propria mancanza di flessibilità mentale.
Dobbiamo controllare quello che portiamo sulle nostre tavole, evitare cibo sporco e mangiare solo cibo pulito, monitorare le calorie, i macros, il numero di serie in allenamento, il numero di Km di corsa, il numero di giorni in cui riusciamo a mangiare meno di 100g di carbs al giorno, il numero di pillole detox al giorno, il numero di passi che facciamo in una giornata, il numero di uscite fuori a cena nell’arco di un mese…

Il bisogno di indipendenza ed efficienza
Il bisogno di controllo aiuta a mantenere l’immagine ideale di sé, alimenta in modo esasperato il bisogno di indipendenza ed efficienza, ma diventa una maschera che soffoca la vitalità della persona, bloccandone la spontaneità e lo slancio.
Quando non siamo più sicuri di essere così abili a controllarci da soli allora ingaggiamo un personal trainer che possa farlo per noi, che possa imporci nuovi paletti, nuovi limiti perché se abbiamo queste regole ci sentiamo più sicuri di non lasciar nulla al caso e di continuare a fare dei progressi verso il nostro ideale di perfezione.
In realtà, non di rado, ci affidiamo ad un altro perfezionista che ci impone un regime di ipercontrollo ancora più severo perché:
- pure lui/lei è convinto/a che sia necessario e lo impone perché “così ha funzionato con me”
- ad un esame di realtà, è consapevole che si tratta spesso di imposizioni inutili ma vuole approfittarsene per vendere fumo o suggerimenti con l’unico scopo di sorprendervi e/o stupirvi perché questo ha una ricaduta positiva sulla sua autostima, lo conferma nel perseguire la via dell’autocontrollo come unica via per giungere all’anelata perfezione.
Nel corso degli anni ne ho sentite di tutti i colori: “no alle verdure colorate perché sono troppo zuccherine“, “bustini da indossare in allenamento per restringere il punto vita“, atleti con misurini da spacciatori per contare i grammi di sale e potassio nella dieta, etc.

Ma quali sono le conseguenze del perfezionismo?
Questo comportamento ci porta ad un perenne stato di ansia, di insoddisfazione nei confronti di noi stessi e di tutto quello che facciamo durante la giornata. Ci conduce a non essere più sicuri di nulla, a perdere l’entusiasmo spontaneo e genuino che avevamo le prime volte in allenamento; a vivere la dieta come una prigionia o come strumento solo per ottenere quel fisico irraggiungibile, ci lascia vuoti e privi di un vero senso della vita perché tutto ruota intorno a questa ricerca di perfezione che mai riusciremo a conseguire e fare nostra.
Chi di voi si ritrova, anche solo parzialmente, in queste considerazioni?
Personalmente sono davvero dispiaciuto di vedere come nel mondo del fitness questo tipo di atteggiamento stia diffondendosi, diventando la norma e non si riesca più ad apprezzare la bellezza di un percorso, dei suoi alti e bassi, con successi e fallimenti.
Alcuni ragazzi abbandonano questo mondo dopo pochi anni o perché sviluppano disordini alimentari o perché l’allenamento diventa troppo matematico e ripetitivo.
Questa perenne paura di sbagliare e il desiderio di controllare tutti gli aspetti della nostra vita per il fitness non ci rende più forti ma, al contrario, più vulnerabili e sempre meno sicuri di noi stessi e delle nostre scelte.

Da anni parlo di natural bodybuilding come ricerca di un continuo equilibrio fra la nostra passione per l’allenamento e tutto ciò che avviene nella nostra vita.
Non è facile, non è mai stato facile perché non è razionalmente gestibile il bisogno di controllo, tuttavia si può imparare ad allentare la presa, a lasciare andare, apprendendo a gestire le inquietudini emotive che ci condizionano. È solo in questo modo che possiamo davvero affrontare la realtà con la giusta tensione e vivere il piacere delle cose per raggiungere un equilibrio generale.
Voi cosa ne pensate? Siete mai caduti nel lato oscuro del fitness?
