Il dolore
Ho pensato di trattare il tema del dolore, in maniera più approfondita, perchè è una delle grandi paure di chi si allena con costanza. Data l’importanza e delicatezza della materia, sarà oggetto di diverse guide.
In questa prima guida, ne diamo una definizione, parliamo dell’importanza del dolore in ottica evoluzionistica e pedagigica, e introduciamo i meccanismi che ne sono alla base.
Dolore
Il dolore «è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno»
Provare dolore è necessario alla sopravvivenza in quanto esso ci allerta riguardo a pericoli reali o potenziali che minano la nostra incolumità.
Difesa dal danno potenziale
Il dolore, quindi, non è sempre correlato ad un danno tissutale: anche solo la “potenzialità del danno” scatena una risposta dolorifica ” che consente di risparmiarci un infortunio o una lesione di qualsivoglia natura.
Uno dei tanti meccanismi in cui il dolore ci protegge da danno potenziale è l’arco riflesso spinale. Questo riflesso è sicuramente capitato quando ci siamo avvicinati troppo ad una fonte di calore intenso.
I termo recettori ci informano sulla temperatura cutanea fino quando questa è compresa tra i -0,5° e i 45°.
Quando però la cute viene irradiata da temperature oltre questi limiti, i termo recettori cedono il loro ruolo ai nocicettori (1) ovvero i recettori specifici del dolore.
Questi recettori trasmettono un segnale di pericolo al midollo in pochissimi millisecondi (2). Il midollo elabora l’informazione e genera per difesa a un riflesso motorio (3 e 4) che ci fa togliere automaticamente la mano dal fuoco, risparmiandoci da una grave ustione.
Difesa da danno reale
Il dolore è anche di aiuto in caso di un danno reale. Il dolore ha avuto ed ha, due importanti funzioni in termini: evoluzionistici e pedagogici. Capiamoli meglio:
IL RUOLO EVOLUZIONISTICO DEL DOLORE:
Immaginatevi di essere nel neolitico, senza ospedali e senza conoscenze mediche. Dopo una brutta caduta da un albero vi fratturate la tibia. Il dolore immediato vi informa che c’è stata una lesione e entra direttamente nella vostra memoria in modo tale da ricordarvi che, ogniqualvolta salirete in futuro su un albero, dovrete prestare molta attenzione e valutare se il motivo per cui salite è sufficiente a rischiare la pelle.
Il dolore nei giorni successivi, invece, è utile ad obbligarvi a “immobilizzare” l’arto rotto per non sovraccaricare e mobilizzare eccessivamente i monconi di frattura. Con il passare dei giorni la frattura si salderà e il dolore andrà diminuendo incoraggiandovi a caricare e muovere gradualmente la gamba.
Il ruolo pedagogico del dolore
Il dolore ha, inoltre, una forte componente pedagogica: l’esperienza del dolore è molto utile nell’apprendimento in quanto aiuta il bambino a riconoscere situazioni di pericolo e gli consente di evitarle: quante volte, da bambini, ci siamo fatti male in situazioni assurde a cui oggi non ci avvicineremmo neanche. Ricordo ancora di quando volli inserire una chiave di ferro nella lampada antizanzare elettrica, sicuramente ora conosco il pericolo di avvicinarmi ad una fonte elettrica.
Possiamo dire, quindi, che il dolore è stato uno dei più preziosi alleati nell’evoluzione dell’Homo Sapiens: ci ha risparmiato da tante morti accidentali, ci ha indotto a recuperare da brutte lesioni e ci ha incoraggiato a nasconderci nelle situazioni in cui la nostra vulnerabilità sarebbe stata alla mercè di animali feroci o eventi atmosferici avversi.
Il dolore cronico
Fino ad ora abbiamo trattato situazioni di dolore “acuto” ovvero della durata di poche ore o di poche settimane. In questi casi il dolore è scatenato da un danno ai tessuti che attiva i recettori dolorifici fintanto che il danno non venga riparato.
Esistono, però, casi in cui il dolore può perdurare per diversi mesi, anche quando il danno tissutale è stato oramai riparato.
Il dolore cronico, ovvero una situazione che la IASP (International Assocation for the Study of Pain) definisce come “dolore che dura o si ripresenta per più di tre mesi” [E], colpisce circa il 20% della popolazione europea. Escludendo i dolori cronici di natura oncologica o legati a patologie come l’artrite reumatoide, altre patologie autoimmuni o l’osteoartrosi esistono molti casi in cui il dolore cronico non è associato ad un danno tissutale in corso.
Questa sua caratteristica rende difficile una diagnosi ed una facile gestione del sintomo. Ma come mai il nostro sistema nervoso ci vuole informare che c’è un pericolo anche laddove non c’è più?
Cercare una risposta che abbia senso a livello evoluzionistico è difficile. Ad oggi sembrerebbe che alcune situazioni di dolore cronico siano frutto di un bug”, di un errore di funzionamento del nostro sistema percettivo.Due dei fenomeni più importanti che caratterizzano il dolore cronico sono la sensibilizzazione periferica e la sensibilizzazione centrale che approfondiremo nel prossimo articolo.